NOTE SULL’AUTORE

Profilo di Enrico A. Magni
Sono un medico (classe 1939) che ha passato la sua vita professionale come ematologo/trasfusionista in vari Ospedali della Repubblica: in Lombardia ( Rho/Milano e Tradate/Varese) e nel Veneto (Castelfranco Veneto/Treviso).
All’ Ospedale di Rho, presso il quale ho prestato servizio dal 1966 al 1976 , con la preziosa guida del Primario del Laboratori o, il Patologo Clinico Luigi TROPEANO, ho allestito un Servizio Trasfusionale ( attività allora ancora in fase pionieristica nel nostro paese). In pochi anni il Servizio riuscì ad operare secondo i dettami della scienza in questo campo, grazie alla frequentazione presso il Policlinico Universitario di Milano con alcuni Medici all’avanguardia. Di questi vi furono: dal 1966, Girolamo SIRCHIA, Soldano FERRONE e Francesco Mercuriali dell’Istituto di Semeiotica Medica (Immunoematologia, Produzione di emocomponenti, Buon uso del sangue, e rigorosa selezione dei Donatori di sangue volontari); dal 1968, Francesco DAMBROSIO della Clinica Mangiagalli ( Malattia Emolitica del Neonato Rh: riferimento per trattare alcuni casi di Trasfusione Intrauterina ed effettuazione della Profilassi con immunoglobuline anti-D); dal 1970,Salvatore DEL PRETE, Domenico COSTANTINO e Maurizio DOGLIA della Clinica Medica (impiego di reagenti prodotti personalmente per la determinazione dell’ “Antigene Australia”- poi HBs Ag – marcatore del Virus Epatite B (HBV) che permise di identificare donatori portatori asintomatici del virus prima che venissero messi in commercio i relativi kits diagnostici.
Per quanto riguarda l’HBV molto importante fu la frequentazione, dal 1973 in poi, del Centro Trasfusionale dell’Ospedale di Lodi, diretto da Guglielmo BEDARIDA, altro pioniere e mio insostituibile Maestro.
Va anche ricordata l’attività pionieristica che il Servizio Trasfusionale di Rho svolse nel campo del Plasma/Exchange, trattando con successo alcuni casi di coma epatico ed altre patologie ematologiche.
Dopo una parentesi presso la Divisione di Medicina Generale dell’Ospedale di Rho/Passirana ed in alcuni Laboratori di Analisi pubblici e privati, rientrai in Ospedale a Tradate dal 1980 al 1993 dove ripresi l’attività nel Servizio Trasfusionale che venne riorganizzato ed ampliato sull’onda delle nuove scoperte e delle nuove metodiche di laboratorio che arrivavano a getto continuo .
Nel campo strettamente trasfusionale proseguì l’attività riguardante la selezione dei donatori, la produzione di emocomponenti (soprattutto la produzione di plasma e concentrati di piastrine con le nuove macchine per l’aferesi ) ed il Buon uso del sangue.
Ma le scoperte più eclatanti si ebbero nel campo delle virosi trasmissibili con il sangue, le complicazioni più devastanti, che richiesero il massimo impegno per ridurne l’evenienza fino ad arrivare alla loro pressoché completa eliminazione: ma ci vollero più di 20 anni.
A Tradate ripresi quindi ad occuparmi di HBV, la cui diagnostica si era implementata di nuovi marcatori e delle metodiche sempre più sensibili e specifiche per evidenziarli. Inoltre era stato scoperto daun nostro valente Ricercatore (Mario RIZZETTO) un virus “parassita dell’HBV stesso. Il Virus Epatite Delta (HDV).
Ma le Epatiti Posttrasfusionali continuavano ad imperversare ed il virus,o i virus responsabili, nonA,nonB, rimanevano inafferrabili.
Nell’82 arriva l’AIDS ed è una strage: la trasfusione di sangue è una via di trasmissione: i donatori volontari e controllati sono una popolazione a bassissimo rischio, mentre i donatori a pagamento arruolati dalle ditte farmaceutiche produttrici di PLASMADERIVATI sono ampiamente contagiati e trasmettono l’AIDS in modo massiccio agli emofilici.
Con la scoperta del virus HIV nel 1984 e poi del Virus Epatite C (HCV)nel 1989, con l’introduzione di test sempre più sensibili e specifici il lavoro del Centro Trasfusionale continua a pieno ritmo.
Sempre con la guida di Guglielmo BEDARIDA , le nuove acquisizioni sui virus trasmissibili con il sangue vengono tempestivamente messe in pratica nel nostro Centro, che si avvale della collaborazione con l’Istituto di Virologia dell’Università di Milano diretto da Alessandro ZANETTI.
Oltre all’attività di Diagnostica virale, dalla metà degli anni ’80,il Centro svolge anche una attività di Consulenza Clinica e Terapeutica per i soggetti infettati (donatori e non), attività svolta principalmente dal mio collega Carlo INCARBONE , che si avvale della collaborazione con Antonietta CARGNEL, Direttrice di un Reparto di Infettivologia dell’Ospedale Sacco di Milano.
Le attività di cui sopra, grazie alla collaborazione con i Medici più qualificati operanti in Laboratori attrezzati per le Ricerca più avanzata, fornirono anche materia per alcune pubblicazioni su Riviste prestigiose (come The Lancet), che trovarono conferme da parte di autorevoli Ricercatori in campo internazionale.
Ma l’instancabile stimolo di BEDARIDA per elevare il livello quantitativo e qualitativo delle attività dei Centri Trasfusionali Lombardi per assicurare il più possibile la sicurezza del sangue , a seconda delle conoscenze che via via si venivano accumulando, lo portò ad istituire, dalla metà degli anni ’80, dei Gruppi di Studio per documentare le attività stesse. In particolare per le Virosi Trasmissibili con il Sangue , il Gruppo che riguardava l’HBV/HDV venne coordinato da me. Il lavoro di questi Gruppi fornì importanti Dati Epidemiologici sulla prevalenza dei portatori dei diversi virus nelle popolazioni dei donatori di sangue (HBV/HDV, HIV ed ifine HCV) ed anche alcuni studi sull’incidenza delle Epatiti posttrasfusionali C nei Riceventi. Anche questi dati vennero presentati in vari Convegni e pubblicazioni.
Infine, con l’esplosione dell’AIDS negli Emofilici, largamente contagiati dai prodotti commerciali importati dall’estero , ottenuti da donatori a pagamento ad alto rischio, BEDARIDA diede inizio ad una massiccia campagna di informazione e divulgazione in giornali, TV e Convegni, intesa a raggiungere l’autosufficienza nazionale per il Plasma da impiegare per la produzione di EMODERIVATI.
In questa campagna fui arruolato anch’io, ma entrò in scena anche un personaggio di particolare rilevanza: Agostino TRALDI. Costui, formatosi alla prestigiosa Scuola Ematologica di Modena ( Edoardo STORTI ), fu jl più autorevole pioniere in Italia del trattamento e la cura degli Emofilici; il suo contributo in proposito fu importantissimo, ma ci vorrebbe troppo tempo per illustrarlo. In questa sede va ricordato che fu tra i pochissimi (ma in buona compagnia con alcuni tra i più illustri Ematologi nel mondo) a trattare i suoi pazienti in larga misura con prodotti antiemofilici ottenuti da plasma di donatori volontari, salvando oltre un centinaio di Emofilici dal contagio con l’HIV/AIDS.
E a questo punto la mia “carriera” di trasfusionista lombardo arriva alla fine. Dal 2003 al 2007 mi trasferisco all’Ospedale trevigiano di Castelfranco Veneto: Centro Trasfusionale, Reparto di Ematologia e Centro Emofilici. Qui posso testimoniare il meraviglioso lavoro del Maestro Agostino, lavoro che, dopo il suo pensionamento viene gloriosamente continuato da Giuseppe (Pino) TAGARIELLO che inaugura la nuova epopea della biologia molecolare : dignostica genetica in pieno svolgimento e poi… cellule staminali … trapianto di geni … chissà! Per il vecchio trasfusionista non c’è più posto e se ne va in pensione anche lui.

Messaggio per il lettore
Ho riassunto brevemente la mia biografia perché il lettore possa rendersi conto della competenza di chi ha osato affrontare un argomento così spinoso quale l’Epidemia di HIV/AIDS nei Donatori cinesi.
Una ben più estesa trattazione della mia esperienza di medico trasfusionista ospedaliero verrà raccontata in altra sede (Blog).
Mi sono sentito in dovere di scrivere questo saggio perché sono rimasto sconcertato dal fatto che uno come me, che ha passato tutta la sua vita professionale tra Donatori, Emofilici, Plasmaferesi, Epatiti ed AIDS, seguendo i Medici più qualificati (guardate su Pub Med il loro curriculum) e mantenendomi il più possibile informato, almeno fino al 1997 ( ma anche in seguito, sebbene non in modo sistematico), sulla letteratura riguardante questi argomenti, solo nel 2013, la lettura di un Romanzo di uno srittore cinese (Yan Lianke), mi ha rivelato la storia vera del contagio.
Inizialmente non ci volevo credere: si sa che i romanzieri lavorano molto di fantasia. Mi ricordavo di aver letto una lettera a Lancet nel 1995 che accennava alla questione, ma ritenni che fosse un caso isolato e non mi interessai più della cosa.
In realtà nel 2005 un giornalista francese di punta (Pierre Haski) aveva pubblicato un Reportage allucinante, con documentazione fotografica sull’argomento,ed era stato tradotto anche in italiano. Sebbene sia un accanito frequentatore di librerie non ricordo di aver notato il saggio di Haski. Forse l’immagine truculenta della copertina non risultava troppo alettante neppure per uno che di sangue se ne intendeva. E poi si sa che anche i giornalisti tendono ad esagerare per catturare più lettori.
Ma la lettura del Romanzo di Lianke non poteva lasciarmi indifferente e così mi misi a navigare sul web e venne fuori tutto … e di più.
Le informazioni sulla stampa, youtube e siti web attendibili erano una marea, ma frammentarie, scarsamente documentate e soprattutto si fermavano per la maggior parte nella prima metà del 2000.
Data la mia competenza, ritenni di dover consultare direttamente la letteratura scientifica sull’argomento e qui mi trovai in una ben più ampia e documentata marea di lavori originali, rewiew, pubblicazioni in interi volumi nonché Relazioni di Organismi Internazionali (UNAIDS, WHO e altri) in massima parte di Autori cinesi tra i più rinomati e competenti. Infine tale documentazione risultava aggiornata fino al 2015.
E così venne fuori questo saggio, nel quale ho deliberatamente riportato una gran parte del materiale consultato perché si possa valutare quanto schiacciante sia la documentazione disponibile che dà la “titanica” dimensione dell’epidemia, ancorchè ampiamente approssimata per difetto.
Ho inviato via internet il saggio a diversi Colleghi, tra quelli più competenti in infettivologia, virologia e medicina trasfusionale, ho riscontrato che anche loro, come era capitato a me, non avevano idee precise e sono curioso di sapere che reazioni avranno alla lettura del mio saggio, se lo leggeranno.
Tutto questo mi ha convinto della necessità di raccontare questa storia che non può essere ignorata soprattutto per rispetto delle innumerevoli vittime dell’AIDS moltissime delle quali rimaste sconosciute.

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